Uscito sul Quotidiano del Sud - Edizione di Salerno il 26-06 2021
Pagina culturale
E’
del 1970 la pubblicazione de ‘Il gabbiano Jonathan Livingston’, presto best seller in molti paesi del mondo. Autori lo scrittore pilota Richard Bach e il fotografo Russell Munson, studioso di aviazione, che illustra il libro con le sue magnifiche foto.
Tradotto in tutte le lingue, ha entusiasmato per anni varie generazioni, un po’ come ‘Il piccolo principe’ di Antoine de Saint-Exupéry e nel 1973 ne è stato anche tratto un film, diretto da Hall Bartlett.
Un romanzo breve che come sottogenere ha la fiaba e diventa un vero e proprio cult per la potenza del suo contenuto morale nonché spirituale. Eppure Bach, si badi bene, nel suo scritto non esprime giudizi morali, ma si limita solo a presentare i fatti.
La dedica apposta, è ‘Al vero Gabbiano Jonathan che vive nel profondo di noi tutti’. Infatti la storia di Jonathan e della sua comunità di gabbiani, nell’intenzione dell’autore funge da metafora della nostra vita.
Jonathan è un gabbiano diverso dagli altri. Egli non ha come unico scopo del volo procurarsi il cibo. Coltiva invece una profonda passione per il volo e la usa per perfezionarsi, sacrificandosi ogni giorno per la fatica e i numerosi insuccessi che patisce durante le sue sperimentazioni. E’ un uccello testardo e pur se deriso dai suoi compagni dello stormo del Buonappetito, tenace va avanti per la sua strada. Per un comune gabbiano, è un disonore stallare, cioè vacillare, scomporsi in volo, dunque nulla che porti verso questa vergogna deve essere tentato. Tale è il parere anche dei suoi genitori, da cui riceve solo rimproveri: ‘Perché non lasci i voli arditi, o radenti, ai pellicani, agli albatri? Loro sì che possono…’
Ma Jonathan continua a planare sul mare con lunghe scivolate lisce, ‘con le gambe raccolte contro il corpo in un tutto aerodinamico’. Arriva a toccare le settanta e poi novanta miglia e ogni volta si trasforma in ‘una trottola di penne e, perduto l’equilibrio, tonfa in acqua’. Allora si arrabbia con sé stesso, ed è lui a rimproverarsi: ‘Se tu fossi fatto per volare come il vento, avresti l’ala corta del falcone. Carte nautiche avresti per meningi. Torna a casa, presso il tuo stormo, e accontentati di quello che sei, un povero gabbiano limitato.’ Invece non si ferma, continua a volare a rotta di collo, anche nel buio. Ma i gabbiani non hanno gli occhi da civetta, non sono destinati a volare al buio. Non hanno le ali corte dei falchi. Lui però impara a tenere ritirate le ali, come se le avesse corte, ed adoperarne solo le estremità.
‘Al levar del sole, Jonathan era ancora lì ad allenarsi. Visti da mille e più metri, i pescherecci sembravano scagliuzze nella glauca distesa delle acque, lo Stormo Buonappetito come un indistinto nugolo di volteggianti atomi di polvere… Non perse tempo, quel giorno, a parlare con gli altri gabbiani, ma seguitò a volare solitario fino a dopo il tramonto. E scoprì la gran volta, la vite orizzontale, la virata imperiale, la scampanata, la gran volta rovescia.’
Quanta poesia. Leggendo sembra di vederlo, il cielo, e le scogliere dove si svolgono le acrobazie di Jonathan e i dialoghi dei gabbiani…
Quando torna dagli altri, la vita gli appare rose e fiori, ma i gabbiani sono in raduno ad aspettarlo, e il grande Anziano dello Stormo lo scaccia. Non è degno di stare tra di loro, il suo comportamento è disdicevole per la comunità.
Ecco che per lui comincia un vero e proprio esilio, dove vive in solitudine su romite scogliere.
Attraversa momenti di sconforto alternati a momenti di ebbrezza. Ogni giorno però apprende cose nuove. Scopre che planare in picchiata serve a infilarsi sott’acqua prendendo pesci più prelibati. Impara a dormire a mezz’aria, a volare nei fitti banchi di nebbia sull’oceano, a sfruttare i venti d’alta quota, e:
‘Scoprì che erano la noia e la paura e la rabbia a rendere così breve la vita di un gabbiano.’
Nella seconda e terza parte del libro, Jonathan conoscerà Sullivan e poi Ciang e farà la sua esperienza di trascendenza, ‘volando verso le alte sfere e arrivando a capire il segreto dell’amore e della bontà.’
Padroneggerà il volo col pensiero, ed insegnerà a farlo.
Un libro da leggere silenziosamente, immergendosi nelle incredibili foto di Russell che numerose scorrono sulle pagine.
Un libro di un’attualità che brucia.
Più che un invito, un imperativo a non seguire il branco, ma far volare le proprie idee, cercando dentro di noi la nostra ‘perfezione’, quella che da sola può condurci verso i sogni e la libertà.