Uscito sul Quotidiano del Sud - Edizione di Salerno il 7-11-2020
Pagina culturale
T
rova bello tutto quello che puoi’
Van Gogh: il pittore della luce, che con i suoi girasoli contro il mondo, i suoi campi di grano maturo e i suoi cieli, mi fece innamorare del giallo e del blu cobalto. Van Gogh: colui di cui ho visto tante mostre, ed ogni volta tornavo con negli occhi l’abbaglio dei suoi colori. Me lo tenevo dentro per giorni.
Eppure non fu mai felice, Van Gogh, nei suoi brevi trentasette anni, e alla fine per congedarsi dalla sua insopportabile vita, si suicidò sparandosi un colpo di pistola. Ma non valse a morire subito, e suo fratello Theo ebbe il tempo di andare da Parigi ad Auvers-sur-Oise a dargli l’estremo saluto. Lo trovò che fumava tranquillamente la pipa, con una pallottola in corpo, mentre i suoi occhi, il suo viso, trasfiguravano. La porta stretta gli era vicino, e lui vi entrava senza angoscia. Spirò tra le sue braccia. Mai fratelli al mondo furono più fratelli di loro, e un epistolario di 600 lettere lo testimonia.
Riguardo alla sua morte c’è un’ipotesi abbastanza accreditata secondo la quale non fu lui ad uccidersi, ma un giovane uomo che giocava a fare il cowboy. Lui non volle accusarlo e prese su di sé la colpa, ritenendo che la sua morte fosse in qualche modo lo stesso vicina.
Sulla vita di Vincent Van Gogh, ci sono biografie da non contarsi, e ne ho letta più d’una.
Quella a cui resto più legata, però, è stata scritta sotto forma di romanzo dallo scrittore argentino Camilo Sanchez, romanzo che si intitola LA VEDOVA VAN GOGH.
Camilo ha dedicato a lei la sua opera, nell’intento di partecipare al mondo ciò che Johanna Bonger Van Gogh, moglie di Theo, fece per divulgare l’opera del cognato, pittore tanto straordinario che oggi un suo quadro vale intorno agli 80 milioni, eppure in vita, avendone prodotti circa 800, ne vendette solo uno!
Fu lei, successivamente alla morte di Theo, appena sei mesi dopo quella di Vincent, a lottare ogni giorno, per anni, affinché alla pittura di Van Gogh venisse riconosciuto il suo valore.
Ma andiamo per ordine, e vediamo Camilo cosa ci racconta.
Ci racconta innanzitutto del cordone ombelicale tra i tre Vincent. Il primogenito, morto dopo la nascita; il secondo, il pittore, nato lo stesso giorno dopo un anno esatto e che per questo visse con questo lutto congenito dentro di sé; poi il terzo, figlio di Theo, rimasto orfano del padre a pochi mesi di vita.
Una storia di morte, amore, genio, follia, che Camilo racconta con la penna e le viscere intinte nell’ombre e una sensibilità al femminile, visto che la protagonista del libro è Johanna, ed è lui a dare vita ai suoi pensieri e al suo diario, fili narranti del libro.
Il libro inizia con Theo che rientra da Auvers, dove si è recato per la morte del fratello.
‘Theo Van Gogh entra con il fantasma della morte attaccato alle scarpe’.
‘Johanna mette in ordine la casa: quel piccolo universo ora ogni giorno più incerto’.
Theo si rifiuta di parlare dell’agonia di Vincent. Racconta solo che la sua bara è stata issata sul tavolo della locanda dei Ravoux, e che è stata una buona idea aver esposto alcune delle sue tele vicino al suo corpo…
‘Alla fine ce l’ha fatta ad ottenere la sua prima mostra personale.’
Alla sua seconda pagina, il romanzo già parla del senso di inadeguatezza di Johanna, che si è sempre sentita un’intrusa tra i due fratelli.
Ora si chiede se ha fatto bene a mettere a suo figlio lo stesso nome dello zio e perché suo marito le sembra seduto sul fondo di un abisso, eppure a suo agio. Decide di fare così: chiamare Vincent solo suo figlio, mentre il pittore sarà invece Van Gogh. Basta con questa ripetizione di nomi, chissà a quale altra sventura potrebbe portare.
Due mesi e un suicidio dopo, la donna ricorda dei 4 giorni da loro passati a Parigi insieme al cognato e rievoca l’episodio in cui lo aveva visto salutare il cavallo del calesse con cui era arrivato.
‘Una carezza lenta, dalla fronte lungo tutto il collo dell’animale, come se volesse ringraziarlo per il viaggio’.
Ricorda le parole di Edith Cherniac, rimasta ‘abbagliata dall’intuito di Vincent nel mischiare i colori sulla tavolozza, e poi dalla furia delicata nel rovesciare sulla tela quelle sue tonalità esagerate’.
Ora tutto è finito, e Johanna pensa:
‘Ha dipinto il campo di grano più intenso della terra, con i corvi che bucano il cielo col becco, come un presagio, e poi si è sparato un colpo al cuore’.
Il romanzo va avanti.
‘Theo non dorme, apre la porta dell’inferno ogni notte’.
M.B. , la maga più famosa di Montparnasse, consultata da Johanna, le dice qualcosa che la fa rabbrividire: ‘Devi accompagnare Theo sino al limite della palude, ma per aiutarlo devi mantenerti sulla terra ferma’.
Nelle sue notti insonni, in cui si interroga sul destino della sua famiglia, Johanna continua a scrivere, scrivere e poi potare, li considera esercizi di temperanza. Le manca il marito.
‘Sono mesi che non si gioca con i corpi in questa casa. Sembra trascorso un secolo da quando, con la pancia enorme della gravidanza, vivevamo per fare l’amore. Allora, ogni momento della giornata era, per me, per Theo, un pretesto per arrivare all’anfora della sera.’
In tutto questo, mentre Theo vive rinchiuso nel suo dolore, senza distinguere la notte dal giorno, e molti giorni passano senza che nemmeno mangi, altri lo vedono invece impegnato nell’eterna ossessione di rileggere le lettere del fratello. Le legge e rilegge e le archivia in ordine cronologico. Intanto, vivono circondati dalle tele. Sono almeno 600 e spuntano da tutte le parti.
Non sono stati molti, gli anni in cui Van Gogh ha dipinto, perché ha iniziato a 30 anni, ed è morto a 37, ma ha prodotto tantissimo, visto che nulla gli placava l’animo come lavorare.
Il declino di Theo va avanti, di pari passo cresce nella gente l’insofferenza e diffidenza nei confronti delle tele di Vincent, ritenute qualcosa di demoniaco, che può recare una follia contagiosa, quindi secondo molti vanno distrutte!
Dunque Johanna deve preoccuparsi anche di questo, ma soprattutto del marito, che anche se siede al tavolo accanto a lei, è sempre più lontano. Ora lui, sempre più spesso preda del delirio e di una infinita desolazione, le sembra più folle che mai, legato solo alle lettere, la sua ‘reliquia intima’.
Bisogna ritornare ad Utrecht e farlo visitare dal dott. Handkensen. Lui come prima domanda chiede:
‘Cosa succede’.
E Theo gli risponde:
‘Succede che ogni giorno della mia vita è il peggiore della mia vita’.
Camilo ha uno spirito di narrazione molto aderente all’intensità e drammaticità della storia:
‘In Olanda, le tempeste arrivano cariche di presagi, ognuna di esse nasconde in fondo a sé un clima di verdetto finale, gli eccessi di un’inquietudine. Ora soffia il vento di ponente e le acque paiono sul punto di dire qualcosa. Chi vive nei paesi bassi deve imparare sin da piccolo la rassegnazione all’acqua e il coraggio che dà sfidare un nemico che sa più forte.’
Ora Theo è ricoverato in un ospedale psichiatrico, e la sua immobilità gli procura piaghe scure, ‘come chiazze di campi senz’erba’…
Per anni, i suoi 150 franchi al mese dati al fratello, per le tele, i pennelli, l’assenzio, la birra, più il loro intimo epistolario, erano stati il suo scopo. Ora è perduto, non supererà l’inverno.
Ha avuto crisi d’ira e deliri, ha gridato di voler gettare in acqua la moglie e il figlio.
Infine sussurra a Johanna che suo fratello pensava che morire fosse mettersi in viaggio verso una stella…
Anche lui ha intrapreso questo viaggio verso la sua stella, muore.
Johanna e il piccolo Vincent restano soli. Lei non ha ancora 30 anni.
Ora può leggere le lettere che si sono scritti i due fratelli, Theo non gliel’ha mai consentito. Attraverso quelle lettere lei vuole comprendere chi è stato suo marito.
C’è un mondo, in quelle lettere, che l’affascina e le fa rabbia. Perché il marito ha permesso al fratello di… trascinarlo?
Ma doveva essere per forza così, se lui gli scriveva:
‘Trova bello tutto quello che puoi’.
Quando avrà terminato di leggere, lettura edificante sotto molti punti di vista (il vero amore della vita di Theo è stato Van Gogh) (Johanna ha compreso il forte valore poetico del cognato, e pensato di lui che avrebbe potuto tranquillamente intraprendere un percorso da scrittore), Johanna prende una decisione: lasciare la casa dei genitori, dove si è rifugiata durante il ricovero di Theo.
E qui il destino, anche quello dell’opera di Vincent, ha la sua svolta.
Johanna sceglie una casa a Bussum, Villa Helma, che giace in stato di abbandono. La fa restaurare con l’aiuto economico del padre e vi espone trecento quadri di Van Gogh che fa arrivare da Pigalle, più 450 disegni. Le sue intuizioni artistiche ormai non ammettono replica. Bisogna far conoscere l’arte di Vincent, per il momento esponendo molto e vendendo solo il necessario, per lasciare la maggior parte dei quadri ai musei.
Piano piano, cominciano ad arrivare a villa Helma i primi turisti, e restano affasciati da quella luce, quella luce…
E poi… e poi…
Il nome di Vincent Van Gogh non sarà più solamente legato a quello di un bimbo morto appena nato, a un pittore eccentrico e pazzo, mistico e alcoolizzato, ma a un uomo tentato dal fuoco della creazione.’